martedì 5 gennaio 2016

Polaroids di Rabati


Jacopo Miglioranzi svolge ricerca di antropologia della religione nella città di Akhaltsikhe nella Georgia del Sud fra gli armeni e georgiani locali. Degli ebrei della città ha già scritto in río Wang. Suoi ulteriori saggi si leggono qui.
«ecco
che muove sgretola dilaga
ecco
che muove sgretola dilaga
uno si dichiara indipendente e se ne va
uno si raccoglie nella propria intimità
l’ultimo proclama una totale estraneità»


Tolleranza. Parola nuova. Fino a qualche tempo fa, la si poteva ammirare, scritta in grande, su un grande pannello. Tolleranza, era lei ad accogliere cittadini e visitatori, che entravano a Rabati. Il quartiere più antico della città di Akhaltsikhe. Per entrare nel quartiere si deve attraversare una larga strada ed imboccare una angusta strada sotto il ponte della vecchia ferrovia. Due strade. Due forme di tolleranza. A sinistra la fortezza di Rabati, simbolo di tolleranza. Turisti, viaggiatori, backpackers, frontalieri. Giovani intenti a scattare e a scattarsi fotografie. Spose in abiti bianchi. A destra, Rabati. Il quartiere. Turisti, viaggiatori, backpackers, frontalieri. Giovani intenti a scattare e a scattarsi fotografie. Spose in abiti bianchi, pochi. Uomini fumano nervosamente le loro sigarette. Un marshrutka giallo, senza ruote, giace morente al lato della ferrovia. Salgo sul binario morto. Uomini armeni. Uomini georgiani. Uomini turchi. Tassisti armeni. Tassisti georgiani. Pullman turchi. Pullman georgiani. Automobili. Pattuglia di polizia. Altri taxi. Buste della spesa. Donne con bambini. Ragazzi armeni. Ragazzi georgiani. Ragazze armene. Ragazze georgiane. Turisti russi. Turisti polacchi. Coppie in moto. Ciclisti.


Turisti persi, in un luogo sperduto. Forse anch’io. Forse no. Gente sicura. Gente con lavori sicuri. Gente senza lavoro. Colletti bianchi, sicuri nella City. Colletti bianchi, insicuri, qui. Un prete ortodosso.

Guida alla mano: «Lonely planet». Informazioni. Tante informazioni, tante certezze. Qui, tante informazioni, poche certezze. Luoghi nascosti. Alberghi e musei sbagliati. Tassisti alla guida. «Guida?». Tassista guida. Sessantacinque lari. «Tassista, guida!»

«Viaggiano i viandanti viaggiano i perdenti più
adatti ai mutamenti
Viaggia la polvere viaggia il vento
viaggia l’acqua sorgente»

Stazione. Donne che urlano. Marshrutka. Posti da assegnare, posti assegnati. «რამდენი?» «ლარად». Biglietti. Contratti sulla parola. Affari. «Affare!». Affari sulla pelle del turista. Nativi. Obiettivi. Osservatori. Osservati. Chi?
La città. Il quartiere. I quartieri. Binari e stazioni. Disordine e disordini. Fango e asfalto.


La città. La Regina Tamar. Una chiesa. «ვისოლი», «სმარტი», «გარფი», «ლუკოილი». Odore di benzina. Il dipartimento di giustizia. Passanti sulle strisce pedonali. Auto, camion, fermi. La stazione di polizia.
Fango e asfalto. Strade che si riempiono. Preti ortodossi. Ortodossia. Nuove e antiche ortodossie. «Altro che nuovo». Cemento. Nuovo e vecchio cemento. Monumento «1941-1945». Ortodossia. «C.C.C.P.». Guerra. Guerre. «La guerra è fredda»
Conflitti religiosi. Chiese. Chiese nuove, fioriscono. Chiese antiche, rifioriscono. Anticamente nuove. Nuovamente antiche: «La pace è calda»
Corpi consumati da segni di croce. Sguardi, anime, donati alla santità della chiesa.

«Gerusalemme Santa, Jerusalem
anela il cuore mio ad Anastasis per dolorosa via
ad un Sepolcro Santo che sepolcro non fu ma Santo è
per fede di fedeli in Grazia del Signore mio Dio
Signore Dio Bambino Carne di Ragazzina Vergine e Madre
a Lui io rendo Culto
Lui mi rapisce il cuore il Signore Dio mio»

Passanti religiosi. Religiosi passanti. Allarme! Sacro. სამება, la Trinità. Donare tempo, istanti, secondi. Preghiere. Anche quanto tempo non c’è. Anche quando si corre a fare la spesa. Al volante. A piedi.


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Comunità. Umanità. Identità. Turisti, viaggiatori, commercianti, venditori, ambulanti, negozianti, imbonitori, autisti, studenti, operai, giocatori, disoccupati, sacerdoti, monaci, monache, suore, testimoni di Geova, apostolici. Giornalisti e telecamere. Macchina fotografica. Automobili, furgoni, camion. Ancora studenti, insegnanti. Cinesi, georgiani, armeni, ebrei, russi, turchi. Ancora georgiani. Pochi cinesi. Tanti armeni. Ebrei. Ritorni. Meskheti. Diaspore. Partenze. Italiani, polacchi, cristiani, ritorni. Musulmani, ritorni. Ebrei, partenti.

«storpie atmosfere terse e sterili bazaar
taxisti nomadi cammellieri autisti ascoltano la radio
e sanno che tempo fa
al principio era il verbo
al principio era «Pravda»
parola-verità parola-verità»

CCCP – «Radio Kabul»


Ragazzi, bambini, anziani. Cammino. Bar di turisti. Sigarette. Gli stessi uomini di prima, «რაბათი?» «აქედან». Sono nel quartiere. Un ragazzo esce da un negozio. Mi guarda. Mi guardano. Case di tufo. Case stanche. Case antiche. Una Mercedes. Panni stesi. Rottami, legna e copertoni. «Immane frana», Rabati. Rabati, è. Rabati, sono. Perduto. Donne anziane, armene. «ԲարևՁեզ ქალბატონო, ექლესია, სად არის?», «იქააა», con musicalità.

Georgiani, meskheti, armeni, ebrei, turchi, ottomani, russi. Una volta. Paskevich, Pushkin. Un taxi mi supera a forte velocità.

«è un percorso laterale una fluida divinità
una convergenza stilistica con il primitivo preistorico
è l’attualità è l’attualità
noia normale
noia mortale»

Quartiere/i. Tolleranza? «ԲարևՁեզ, სინაგოგი სადა?» «ნახე, იქ», «մերսի».


Non più turisti. Non più viaggiatori. Sinagoghe. Moschee. Chiese. Una volta. Ora diaspore. Resistenze. Ritorni e partenze. Piccola Gerusalemme?

«sgravidano ossessioni
sulle città splendenti
di passate razzie
di futuri spettacoli
i viaggi solitari
i percorsi arroganti
sono finiti male
senza proclami
senza giubilei
nelle piccole storie
delle teste pensanti»

Case. Cani. Una donna con la figlia. Non mi guardano. Straniero. «È l’attualità è l’attualità».
Rovine.
Per la strada. Quasi nessuno. Non è la città, è Rabati. Il quartiere. Storie. Frontiere. Identità in gioco.
La campana non suona. Il minareto non canta. Silenzio.

«Girano i Sufi in tondo nello spazio
Nel tempo
Salgono i verticali i monaci in clausura
Immobili
Viaggiano l’alto il basso senza abbellimenti
Cadono di vertigine…
Cadono di vertigine…»


Mi arrampico si ciò che resta delle strade. La vecchia sinagoga. Vuota. Passato sovietico. Vuoto. Una casa in rovina. Fango. Un bambino alla finestra. Galline. Un’altra sinagoga. Un lucchetto. Ancora case.

«svanisce la città sfuma il traffico
sfuma
s’impone la poesia: s’alza la luna
e sale
decolla.»

Խաչքար. Croci. Stelle di David. Passati biblici. Passati evangelici. Nuovi e Antichi Testamenti. Passati coranici. Passati imperialistici. Passati socialisti. Presenti biblici. Presenti evangelici. Presenti coranici. Presenti imperialistici. Presenti socialisti: «l’atmosphère n’est plus la même».
Una collina. Nessun albero. Una vecchia baracca. Un disegno: Mickey Mouse. Tombe emerse. Erba alta. Nomi morti. Armeni.
Più in là. Un muro. Un lucchetto. Tombe emerse. Nomi morti. Ebrei.

«Semina, semina – sia pure lontano dai confini,
come le stelle, come le onde, semina.
Che importa se i passeri devastano i tuoi chicchi –
Dio al loro posto seminerà delle perle.»


«Cadono di vertigine…
Cadono di vertigine…
Cadono di vertigine…
Cadono di vertigine…»


Tutti le citazioni virgolettate e in corsivo presenti nell’articolo, eccetto la penultima citazione, tratta dalla poesia «Semina» di Daniel Varujan (trad. it. dall’armeno di A. Arslan), sono canzoni dei «CCCP – Fedeli alla linea» e «C.S.I.», i titoli, in ordine di citazione sono: CCCP, «Depressione caspica»; C.S.I. «In viaggio»; CCCP, «C.C.C.P.»; CCCP, «Guerra e Pace»; CCCP, «Paxo de Jerusalem»; CCCP, «Radio Kabul»; C.S.I. «Depressione caspica»; CCCP, «Noia»; CCCP, «B.B.B.»; CCCP, «Noia»; C.S.I., «In viaggio»; CCCP, «Campestre»; CCCP, «Inch’allah – ça va»; C.S.I., «In viaggio».



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