mercoledì 27 gennaio 2016

Lo sfratto, parola dolce a Pitigliano


Detto così pare impossibile. E così non fu per gli ebrei che nel sec. XVII vivevano in Maremma, espulsi dallo Stato della Chiesa nel XVI secolo, nella zona compresa tra Sovana e Sorano. Cacciati dalle loro case dall’editto del 1619 di Cosimo II de’ Medici, furono obbligati a vivere nel ghetto di Pitigliano, a ridosso della sinagoga. L’avviso di lasciare le loro case venne dato con un bastone battuto sulle porte e cento anni più tardi gli ebrei di Pitigliano vollero ricordare questo evento con un dolce, fatto da un impasto di miele e noci, scorzette di arancia e anice, rivestito da una sottile cialda dal colore del pane.


Pitigliano, città del tufo di origini etrusche, è uno dei più belli borghi d’Italia. A cavallo tra la Maremma Toscana e il Lazio, venne chiamato “La piccola Gerusalemme” a causa dell’importanza della numerosa comunità ebraica che vi si stabilì a partire dalla metà del  XVI secolo. Si trattava per lo più di ebrei sefarditi spinti in quell’angolo di Toscana dalla Bolla di Papa Paolo IV del 1555 con cui venne imposto agli ebrei di vivere in un certo numero di vie dove non fosse possibile il contatto con i cristiani, di fatto istituzionalizzando il ghetto, e di indossare abiti che ne rendessero immediato il riconoscimento. A queste direttive si uniformò anche Cosimo II de’ Medici e gli ebrei del Granducato di Toscana, anche quelli provenienti da Sorano e Sovana,  che non vollero accettare questa politica persecutoria emigrarono nella contea di Pitigliano, governata dagli Orsini, ben felice di ospitare la comunità ebraica, colta e a cui spesso venivano assegnate terre paludose e infestate dalla malaria.

A Pitigliano gli ebrei vissero ben inserendosi nella comunità locale, godettero di libertà altrove non concesse e sviluppare il commercio e l’artigianato. Nel 1571 fu autorizzata l’apertura di un banco di prestito e agli ebrei che vi lavorano fu concesso di non esibire il contrassegno di riconoscimento e il diritto di difesa. Nel 1598 fu eretta la sinagoga. Con l’annessione dei territori al Granducato di Toscana si eresse il ghetto, furono limitate le attività commerciali e gli ebrei furono costretti ad indossare il distintivo giallo. Si chiuse il banco di prestito e le condizioni economiche degli abitanti del ghetto lentamente peggiorarono. Tra il XVII e il XVIII secolo giunsero a Pitigliano anche gli ebrei in fuga da Castro, e di fatto quella di Pitigliano rimase la sola comunità ebraica della Maremma. Con l’avvento degli Asburgo Lorena, 1765, la comunità tornò a godere dei propri diritti e si realizzò il suo pieno inserimento in quella cristiana locale, tanto che furono proprio i cattolici ad impedire la distruzione del ghetto ad opera dei Viva Maria, truppe antifrancesi. Nel XIX secolo la comunità raggiunse la sua massima espansione: venne istituita una scuola per l’insegnamento ad ebrei e cristiani, una biblioteca e un istituto per l’assistenza agli ebrei poveri. Personaggi fondamentali per l’ebraismo italiano nacquero a Pitigliano: tra loro i fratelli Servi, fondatori della rivista Vessillo Israelitico, e Dante Lattes, fondatore della casa editrice con lo stesso nome, benemerita per la diffusione della cultura ebraica in Italia, e uno dei rappresentati di spicco del sionismo italiano.

La progressiva normalizazione della comunità ebraica pitiglianese fu probabilmente anche la causa della sua dispersione: si passa da 400 unità alle 70 del 1931, aggregate alla comunità ebraica di Livorno. Non risparmiarono nessuno le leggi razziali del ’38 e ad oggi gli ebrei rimasti a Pitigliano sono 5.

Ciò non ha impedito di procedere al recupero e alla valorizzazione dell’antico ghetto ebraico, oggi visitabile. Le stanze ad oggi aperte al pubblico sono il bagno rituale femminile, che probabilmente usufruiva delle acque curative  già sfruttate dagli etruschi e oggetto di culto, la cantina, il macello kasher, il forno degli azzimi, la tintoria, la cisterna, e non ultima la sinagoga. Costruita nel 1598, fu restaurata nel ‘700, nell’800 e nel 1931 la facciata è stata arricchita con stucchi rococò. Al momento della sua chiusura nel 1956 l’aron è stato trasferito nella sinagoga di Karmiel, in Israele.  Il restauro definitivo è stato fatto nel 1995 ad opera del Comune di Pitigliano e oggi vi si svolgono i riti.

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Della gestione del patrimonio ebraico si occupa l’Associazione Piccola Gerusalemme, insieme alla piccola mostra permanente sulla cultura ebraica. Ad oggi è attiva una raccolta fondi per il restauro del cimitero ebraico, che si trova sotto lo sperone di tufo del paese. Contiene circa 280 tombe. Un piccolo negozio all’entrata del ghetto vende prodotti kasher. Tra questi lo sopraddetto sfratto, tipico dolce di Pitigliano.

Sfratto. Ingredienti per 4 persone:
200 gr. di farina, 100 gr. di zucchero, una punta di sale, 1 dl. di vino bianco, 6 cucchiai di olio ExV, 4 chiodi di garofano, 150 gr. di miele di maremma, cannella, noce moscata, 200 gr di noci frantumate, semi d’anice, la scorza di una arancia a striscioline, vaniglia, un uovo.

Preparazione:
• Mezz’ora prima di preparare la sfoglia mettere il miele al fuoco basso e scaldare lentamente
• unire la buccia d’arancia, i semi d’anice, le noci, la cannella e la noce moscata.
• Preparare una sfoglia impastando farina, olio, vino, zucchero, vaniglia e il torlo di un uovo
• spianarla e ricavarne delle strisce sottili lunghe circa 25 cm larghe circa 6/7 cm.
• Riempire con l’impasto di miele etc… che nel mentre s’è raffreddato.
• Arrotolate le strisce, che risulteranno dei bastoncini (sfratti). Mettere gli sfratti in forno a 170 gradi per 15 minuti




Minime tracce di presenza ebraica rimangono a Sorano: la via del Ghetto, il frantoio, sui battenti delle porte d’ingresso dell’edificio che ospita la Locanda Aldobrandeschi, a fianco del quale esiste ancora un’antica struttura che veniva utilizzata per lo stoccaggio del grano dato a garanzia nel cosiddetto «prestito a grano». L’antica sinagoga è stata convertita in sala per rassegne culturali.


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