lunedì 10 marzo 2014

Viva la Repubblica!

Tra le foto della collezione Dicescu, presentate ieri, ce n’è una – foto 13 nel primo mosaico – in cui, a quanto pare, possiamo scoprire il primo esempio della ben nota procedura di photoshop stalinista.


Nella foto, scattata nei primi giorni della Rivoluzione di Febbraio, i soldati posando per una foto di gruppo con le spade sguainate sul Liteiny Prospekt di San Pietroburgo acclamano alla rivoluzione. Questo è sottolineato anche dalle iscrizioni dello striscione e della bandiera nel sottofondo: В борьбе обретешь ты право свое – «In lotta acquisti i tuoi diritti», e Долой монархию! Да здравствует республика! – «Abbasso la monarchia! Viva la Repubblica!»

Ma la grande rassegna di David King, The Commissar vanishes: The falsification of photographs and art in Stalin’s Russia (1997) pubblica anche una versione precedente di questa immagine.


Lo sventolio della bandiera è molto più naturale qui che nella foto precedente, ma non sappiamo che cosa è scritto su di essa, se c’è qualcosa affatto. E per quanto alla striscione, si scopre che essa è disegnata sul luogo di un’insegna di bottega nello sfondo, la cui iscrizione originale era: Часы, золото и серебро – «Orologi, oro e argento».

Presso David King questa bella storia rotonda, come il primo esempio di fotoritocco comunista, finisce qui. Ci sono però alcuni dettagli ulteriori che meritano attenzione.


Sull’internet russo si può già trovare il mai pubblicato originale d’archivio di quest’immagine. La foto originale mostra chiaramente che la bandiera aveva un’iscrizione, che infatti cominciava con Долой мо…


E in un’altra foto, che mostra gli stessi soldati in un’altra posizione, è possibile vedere non solo l’intera insegna della bottega, ma also l’iscrizione della bandiera. E su di essa si legge lo stesso come nell’immagine ritoccata, anche se un po’ erroneamente: Долой монорхію. Да Здравствует Демократическая Республика – «Abbasso la monorchia. Viva la Repubblica democratica!»


Che anche l’immagine precedente non è del tutto libera di ritocchi, è dimostrato da questa versione «più originale», con una didascalia scritta a mano, la quale suggerisce che anche questa faceva parte della collezione di Ion Dicescu.

Ma qual’è l’altra iscrizione ritoccata sulla foto: In lotta acquisti i tuoi diritti? Torniamo al classico per aiuto:

«Korejko stava attentivamente osservando il nuovo indovinello di Sinizky. Sulla bella immagine dell’oca c’era anche un sacco, da cui le seguenti cose stavano sbirciando fuori: una lettera T, un pino, dietro il quale il sole stava sorgendo, e un passero seduto su un libretto di musica. L’indovinello si è concluso con una virgola testa in giù.
– Questo certamente non è un gioco per bambini – disse Sinizky. – Dovrà scervellarsi un po’!
– Ma dai – rispose Korejko con un sorriso. – Solo quest’oca mi disturba. Cosa diavolo significa quest’oca qua? Aha! Ci siamo! Fatto. In lotta acquisti i tuoi diritti.
– Sì – disse il vecchio, frustrato, in una voce strasciata. – Come l’ha indovinato così in fretta? Lei è una persona incredibilmente dotata. Si può subito vedere che è un ragioniere di prima classe.

– Di seconda classe – ha corretto Korejko. – Ma per chi ha fatto questo indovinello? Per la stampa?
– Per la stampa.

– Allora era un lavoro del tutto inutile – ha detto Korejko. – In lotta acquisti i tuoi diritti: questo è lo slogan dei socialisti rivoluzionari. Non è adatto per la stampa.»
Ilf-Petrov, Il vitello d’oro

I socialisti rivoluzionari – gli esers (эсеры o «S.R.s») – che, fino al colpo di forza armata bolscevica d’ottobre, erano il partito principale della rivoluzione e l’organizzatore dei consigli dei lavoratori e soldati, hanno prestito lo slogan del loro movimento dal giurista tedesco Rudolf von Jhering.

«In lotta acquisti i tuoi diritti!» Manifesti socialisti rivoluzionari, 1917


La foto ritoccata ha quindi nulla a che fare con i comunisti. Al contrario, deriva dal partito che essi ritenevano il loro più potente rivale, la cui memoria hanno condannato all’oblio dopo la guerra civile. E neanche lo scopo del ritocco era quel tipo di falsificazione della storia, quell’orwelliano cambio retrospettivo del passato, che conosciamo dalle foto manipolate dello stalinismo.

Pensiamoci: queste foto erano distribuite subito dopo le note vicende, sotto forma di cartoline. Il loro scopo era la propaganda: la divulgazione dei risultati della rivoluzione e del partito dietro di essi. Non cercano di alterare gli eventi rappresentati in esse, ma, alla maniera dei luboks popolari, rendono il loro messaggio inequivocabile per i destinatari che hanno familiarità con questa formula visiva. Una delle due iscrizioni ritoccate rende solo più visibile lo slogan che era davvero portato dai soldati, mentre l’altra rappresenta ciò che ci doveva essere da qualche parte nella foto in modo da far capire, a chi si ringrazia la repubblica. Ci si poteva aggiungere anche in una didascalia, ma se c’era spazio per essa al posto dell’insegna di bottega assolutamente irrilevante, perché non metterla là, come nei luboks. Proprio come in quell’altra foto dalla collezione Dicescu, la cui versione di cartolina è stata integrata con una bandiera disegnata che portava l’iscrizione Viva la repubblica! per lo scopo di disambiguazione.



«Insegna di bottega assolutamente irrilevante», scrivo, benché sapendo che nei decenni più tardivi della rivoluzione russa sarà profeticamente rilevante leggere «Orologi, oro e argento!» al posto dello slogan dell’Armata Rossa. Proprio come il fatto che si cerca di accuratamente ritoccare nella foto tutti i segni che rilevano quest’aspirazione. Come ne abbiamo già scritto a proposito della foto di Jevgeny Haldej sul Reichstag nel 1945.

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