sabato 8 marzo 2014

La Rivoluzione del Giorno della Donna

«I giorni della rivoluzione. Compilazione di documenti di viaggio di polizia.»

Tutti sanno, quando è stata la Rivoluzione d’Ottobre. Nel mese di novembre. Ma quando è stata la Rivoluzione di Febbraio, che l’ha preceduta? Naturalmente in marzo. Vale a dire, l’8 marzo, il Giorno della Donna.

Dimostrazione delle lavoratrici dell’impianto Putilov a Pietrogrado (oggi San Pietroburgo) il 8 marzo 1917 (secondo il calendario giuliano, 22 febbraio). Sugli striscioni si legge: «Date da mangiare ai figli dei difensori della patria!» «Aumentate i pagamenti alle famiglie dei soldati – difensori della libertà e della pace dl mondo!»

La Giornata della Donna si è celebrata al 8 marzo per la prima volta esattamente un secolo fa, nel 1914. Benché le lavoratrici nell’America e l’Europa l’avevano celebrato dal 1908 in una delle prime domeniche di marzo, sempre di più collegandola alla rivendicazione del diritto di voto delle donne, questa è caduta al 8 marzo per la prima volta nel 1914, alla vigilia della guerra mondiale. E per la seconda volta nel 1917, alla vigilia della rivoluzione.

In quella domenica a Pietrogrado quasi cinquantamila lavoratrici – il posto degli uomini reclutati erano in gran parte occupati dalle donne nella maggior parte delle fabbriche – sono scese in piazza, richiedendo pane e la fine della guerra. Le proteste continuarono il giorno successivo, e il terzo giorno tutti gli operai delle fabbriche della città sono scesi in sciopero. La Duma invano chiese aiuto dallo zar che era sul fronte, lui non ha percepito il pericolo, e furiosamente sciolse la Duma. Le truppe ordinate a difendere la capitale si simpatizzavano sempre di più con i manifestanti. Il 13 marzo, richiamando la pratica della rivoluzione del 1905, si sono formati dei consigli di lavoratori e soldati. Su richiesta dei rappresentanti della Duma, lo zar si è dimesso, e un governo provvisorio si è formato. E dieci giorni più tardi la Germania, per ulteriormente destabilizzare la situazione in Russia, ha mandato a casa dall’esilio svizzero, con passaporto tedesco e a spese dello Stato tedesco, Lenin e i suoi compagni, che nelle Tesi d’Aprile hanno proclamato la continuazione della rivoluzione fino alla vittoria finale del comunismo.

«I giorni della rivoluzione. La slitta-macchina dell’ex Zar»

Le seguenti 54 foto, che documentano i primi, frenetici giorni della Rivoluzione di Febbraio, sono state solo recentemente pubblicate sull’internet. Le originali sono conservate nel Museo Statale Russo di Storia Politica, e secondo i scarsi dati disponibili, provengono dalla collezione di Ion Dicescu.

“23 marzo. I funerali delle vittime della rivoluzione. Un quadro complessivo delle bandiere”

Ion Dicescu, in russo Ivan Osipovich Dik (1893-1938) è nato come figlio d’un imbianchino a Bucarest. All’età di 18 anni si è iscritto al Partito Socialdemocratico, ed è diventato giornalista al giornale del partito. Nel 1916, quando la Romania è entrata nella prima guerra mondiale, ha combattuto in Transilvania. Fu ferito durante la ritirata, ed è stato trattato in uno degli ospedali da campo rumeni stabiliti nell’alleata Russia. All’inizio del 1917 è stato portato a Petrogrado, dove ha entrato in contatto con il partito bolscevico. Nell’aprile ha entrato nel partito, ed è diventato un giornalista del Pravda. Dalla Rivoluzione d’Ottobre in poi ha combattuto con le Guardie Rosse. Nel 1924, insieme ad altri comunisti rumeni in esilio, ha fatto una proposta ufficiale per l’istituzione della Repubblica Socialista Sovietica di Moldavia, che a quel tempo era solo una stretta striscia – più o meno la Repubblica di Transdnestria di oggi –, in preparazione per la riannessione della Bessarabia rumena. Nel 1938 fu giustiziato con l’accusa di spionaggio.

Le foto conservate nella cosiddetta collezione Dicescu probabilmente non erano scattate dallo stesso Dicescu. Le loro eccellenti composizioni rivelano dei fotoreporter di prim’ordine, di quali – come ne scriveremo – ce n’erano molti a San Pietroburgo all’inizio del secolo. Le didascalie scritte sulle immagini potrebbero suggerire che queste erano duplicati editoriali delle foto fatte o vendute al Pravda. Varrebbe la pena di vedere se sono state veramente pubblicate nel Pravda o in altri quotidiani. Tanto è sicuro che, dopo la Rivoluzione d’Ottobre, alcune di esse sono state pubblicate in formato di cartolina. Ma su questo scriveremo di più in un post successivo.

«I giorni della rivoluzione. Nevsky Prospekt«

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«23 marzo. I funerali dei vittimi della rivoluzione. Corteo funebre sul Nevsky Prospekt.» Lo striscione annuncia: «Siete caduti in preda alla lotta fatale», il primo verso della marcia funerale di lavoratori. Sulle sue varie versioni vedre il nostro post precedente.
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«I giorni della rivoluzione. Barricate sul Liteiny Prospekt»

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