venerdì 14 agosto 2015

Segno fantasma


مرگ بر شاه marg bar shâh, morte allo scià. Ora, in luglio 2015. Trentasei anni dopo la rivoluzione. A Isfahan, nei vicoli dietro il bazar.

«Il quarantesimo giorno dopo i fatti di Qom, nelle moschee di molte città iraniane la gente si riunì a commemorare le vittime del massacro. A Tabriz la tensione crebbe fio al punto da provocare una rivolta. La folla sfilò in corteo per le strade, gridando: «Morte allo scià!» Intervenne l’esercito, la città affogò in un bagno di sangue. Centinaia di morti, migliaia di feriti. Passarono altri quaranta giorni, e le città ripresero il lutto: si commemorava il massacro di Tabriz. In una città – Isfahan – la folla disperata e inferocita scese nelle strade. I soldati accerchiarono i dimostranti e aprirono il fuoco. Nuovi morti costellarono il selciato. Trascorsero altri quaranta giorni, e stavolta in decine di città, folle in lutto si radunarono a commemorare i caduti di Isfahan.»
Ryszard Kapuściński: Shah in Shah, 1982


Canzone di lutto per l’Ashura su Abolfazl, fratello dell’imam Hussein, ucciso insieme a lui a Kerbala. Come l’abbiamo scitto prima, questo è l’evento definitivo del paradigma di martirio sciite.

Foto di Abbas (Magnum Photos), 1979

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