venerdì 23 dicembre 2016

Tusheti. Su un’altro tetto del mondo


Stiamo guidando in salita sulla strada scavata nella roccia. Cascate precipitano sulle pareti verticali, corrono attraverso la strada di fronte a noi, e al bordo della scogliera cadono giù nell’abisso vertiginoso. A volte guidiamo fino agli assali nel torrente che inonda la strada. La striscia sottile della strada corre lungo il bordo della valle come una linea di livello, alla testa della valle gira bruscamente indietro, e sale verso il prossimo passo. Il fiume Stori ruggisce sempre più in profondità sotto di noi, le cime del Gran Caucaso sono sempre più ripide, e le nuvole, come grandi uccelli rapaci grigi, scendono sempre più in basso sopra le nostre teste.



Vai via di nuovo. Dall’album di musica popolare georgiana Idjassi (2005)

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È fine giugno. La neve si è sciolta poco tempo fa sul Passo Abano, alto 2900 metri. I muri di neve con i loro strati colorati stanno lungo la strada come sezioni di minerali venosi. Siamo allo spartiacque del Caucaso, da qui i fiumi scorrono verso nord, attraverso la valle di Tusheti, oltre il confine di Daghestan. Sotto di noi, le montagne verdi di Tusheti. Dal passo si possono ancora vedere, al di là di esse, le creste innevate della Pirikita, la montagna di confine cecena, che poi a poco a poco si affonda, per riapparire in modo spettacolare quando siamo in Tusheti.

Tusheti e la valle del fiume Alazani sul lato nord e sud del Gran Caucaso. La strada sterrata di 70 km, percorribile solo con fuoristrada o a piedi, conduce da Pshaveli attraverso il Passo Abano a Omalo. Tusheti è segnata in rosso sulla piccola mappa inserita della Georgia. (Ingrandire!)

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È piovuto per giorni. Poco prima di Tusheti, la collina è franata nel fiume, bloccando la strada. Un bulldozer solitario sta pulendo la colata di fango, la lotta impari apparentemente durerà per diversi giorni. Dobbiamo camminare poche centinaia di metri in cima della terra ancora in movimento, per poi prendere i fuoristrada inviati per noi dai villaggi di Tusheti. Ancora un paio di scogliere solitarie, alcune anse del fiume sotto di noi, e in alto, sul fianco della montagna appare il primo villaggio solitario. Dopo Ushguli, Xinaliq e Masouleh, siamo di nuovo su uno dei tetti del mondo.


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Tusheti è la seconda più alta regione popolata della Georgia, dopo Svaneti nel nord-ovest, ma è molto più isolata di quella. Una sola strada porta fino a qui, la stessa strada sterrata lunga settanta chilometri, che abbiamo appena percorso. Essa è praticabile solo tra inizio giugno e fine settembre, perché il passo è coperto di neve nel resto dell’anno. In questo periodo il paesaggio diventa verde, e le piante iniziano una fioritura spettacolare per sfruttare la breve estate. E in questo periodo anche gli abitanti di Tusheti salgono dai loro villaggi nel sud, lungo il fiume Alazani, dove si erano trasferiti negli ultimi decenni, per riparare le loro case, per assumere la cura delle pecore e mucche dai pochi vecchi che prendono cura di tutti gli animali del villaggio durante l’inverno, e per offrire alloggio ai turisti, che appaiono, anche se non in massa, ma sempre con più coraggio, in questa regione arcaica della Georgia.



Canto d’amore di Tusheti. Dall’album Idjassi (2005)

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Gli abitanti di Tusheti sono per lo più georgiani kakhetiani, che parlano un antico dialetto georgiano, e che, secondo la propria tradizione, fuggì qui, al nord dalla cristianizzazione della Georgia intorno al 4º secolo. L’altra parte, la tribù dei Bats, che parlano un linguaggio relativo al ceceno e inguscio, fuggì qui, al sud dall’islamizzazione del lato settentrionale del Caucaso nel 16º secolo. Oggi entrambi i popoli sono nominalmente cristiani ortodosso, ma la prima chiesa si è aperto da poco nella valle, e le tradizioni religiose animistiche pre-cristiane sono ancora molto vivide. I confini delle zone abitate sono indicate con sacre colonne del corno di ariete, e intorno a ogni villaggio ci sono dei prati recintati, dove gli uomini si riuniscono per rituali di fertilità. Nell’estate è il compito dei bambini che giocano vicino a questi prati avvertire le turiste di non entrare nella zona sacra, perché la presenza di donne romperebbe il suo potere.


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Il villaggio centrale della valle è Omalo, un insieme sciolto di cascine secolari intorno al castello a cinque torri di Keselo. La fortezza, che sorge imponente sotto la cresta bianca delle montagne di confine del Daghestan, aveva persino resistito l’assalto dell’esercito mongolo.


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L’altro centro di Tusheti, il villaggio medievale di Dartlo, è di quindici chilometri di distanza, e cerca un’ora con fuoristrada, a ovest dell’Omalo nella valle del fiume Pirikita Alazani. Sopra il villaggio si erge il Monte Dartlo di 4300 metri di altezza, sulla cui vetta s’incontrano le frontiere triple di Cecenia, Dagestan e Georgia, e attraverso cui passi i ladri del Daghestan avevano invaso la Georgia per secoli. Contro di loro si costruirono la fortezza di Dartlo e le torri di guardia delle case del paese, che imitano piuttosto lo stile del nemico, le coniche torri di guardia cecene e inguscie sul lato del nord del Caucaso, che non le torri a pareti dritte della Svaneti. Accanto al villaggio, al di là del torrente, affinché i morti non si mescolino con i vivi, si trova il cimitero, dove le tombe sono marcate con semplici pietre senza iscrizione, secondo l’antico costume del Caucaso. Le case sono state splendidamente restaurate, e anche un pub elegante si è costruito in stile antico della Tusheti. I tushetiani, benché si fossero trasferiti nelle valli, e passano qui solo l’estate, apparentemente considerano il villaggio ancestrale la loro vera patria.


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Il prossimo estate portiamo di nuovo un gruppo a Tusheti e alle vicine regioni della Georgia. Se volete venire con noi, scriveteci a wang@studiolum.com.


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