martedì 31 dicembre 2013
venerdì 20 dicembre 2013
Altra città
Konstantinos Kavafis: Η Πόλις (La Città). Musica di K. G. Eklektos
Η Πόλις Είπες· «Θα πάγω σ' άλλη γή, θα πάγω σ' άλλη θάλασσα, Μια πόλις άλλη θα βρεθεί καλλίτερη από αυτή. Κάθε προσπάθεια μου μια καταδίκη είναι γραφτή· κ' είν' η καρδιά μου -- σαν νεκρός -- θαμένη. Ο νους μου ως πότε μες στον μαρασμό αυτόν θα μένει. Οπου το μάτι μου γυρίσω, όπου κι αν δω ερείπια μαύρα της ζωής μου βλέπω εδώ, που τόσα χρόνια πέρασα και ρήμαξα και χάλασα». Καινούριους τόπους δεν θα βρεις, δεν θάβρεις άλλες θάλασσες. Η πόλις θα σε ακολουθεί. Στους δρόμους θα γυρνάς τους ίδιους. Και στες γειτονιές τες ίδιες θα γερνάς· και μες στα ίδια σπίτια αυτά θ' ασπρίζεις. Πάντα στην πόλι αυτή θα φθάνεις. Για τα αλλού -- μη ελπίζεις -- δεν έχει πλοίο για σε, δεν έχει οδό. Ετσι που τη ζωή σου ρήμαξες εδώ στην κώχη τούτη την μικρή, σ' όλην την γή την χάλασες. | La Città Hai detto: Per altra terra andrò, per altro mare, altra città trovo, più bella di questa, dove ogni mio sforzo è votato al fallimento, dove il mio cuore, come un morto, sta sepolto. Fino a quando deve rimanere mio spirito in questa palude? Dove pure guardo, non vedo che le ruine nere della mia vita qui, dove tanti anni ho spento, sprecato e rovinato. Altri posti, altro mare non troverai. La città ti seguirà. Andrai vagando per le stesse strade. Invecchierai negli stessi quartieri. Imbiancherai nella stessa casa. Nella stessa città ritornerai sempre. In altre terre, non sperare, non c’è nave per te, non c’è strada. Perché rovinando la tua vita in quest’angolo discreto, l’hai rovinata su tutta la terra. |
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sabato 7 dicembre 2013
Alexander Roinashvili, viaggiatore e etnografo
Un fotografo dal secolo scorso, da un piccolo territorio al confine tra l’Europa e Medio oriente, che non è completamente né questo, né quello. Un passaggio fra l’impero russo, l’impero ottomano e l’impero persiano. Una crocevia di popoli, un mondo che si veste in costumi meravigliosi, un mondo che ama il teatro, un mondo già in trasformazione, ma ancora un mondo in pace.
L’anno scorso abbiamo già pubblicato una prima serie di foto dal georgiano Alexander Roinashvili (1846-1916). Erano soprattutto ritratti fatti nel suo studio a Tiflis – oggi Tbilisi –: ritratti di aristocrati, di soldati e poeti, di principesse e attrici, di famiglie – e tutte le varie facce degli innumerevoli popoli del Caucaso.
Le foto di questo secondo post riflettono un’altra parte del suo lavoro. Cominciando dal 1880, Roinashvili ha vissuto e viaggiato nel Caucaso, da Kakheti a Dagestan. Non solo fotografando, ma anche raccogliendo oggetti, che lo hanno reso di seguito uno dei fondatori della Società Storica ed Etnografica di Tiflis, le cui collezioni, prima ospitate dall’Università di Tiflis, sono ora conservate nel Museo Nazionale della Georgia.
A differenza delle immagini viste nel post anteriore, queste foto furono soprattutto scattate all’aria aperta, come quelle di Jermakov, contemporaneo e amico di Roniashvili. Sono le foto di paesaggi, delle montagne lungo la strada militare georgiana, dei villaggi e montagne di Dagestan, dove Roinashvili si è stabilito per un periodo, rovine di chiese e fortezze armene, sia nell’Armenia attuale, o nei territori russi che oggi sono la parte nord-est della Turchia.
E ci sono ancora i moltissimi ritratti, che riflettono ancora una volta la diversità dei popoli del Caucaso: armeni, georgiani, tatari, lezghi, ebrei di montagna dall’Azerbaigian. Immagini che ravvivono dei tempi antichi: i guerrieri di Khevsuria in corazza a maglia, i mekize (massaggiatori) dai bagni di Tiflis, in piedi sul dorso dei loro «pazienti», e tutte queste donne con volto severo sotto le loro vele…
In questi ritatti Roinashvili ha seguito le considerazioni degli etnografi della sua epoca. La maggior parte di queste fotografie era realizzata ancora nello studio, con illuminazione diffusa, le facce esposte di fronte e di profilo, con un’annotazione sul negativo che indica il rispettivo gruppo etnico. La messa in scena degli soggetti seduti enfatizza i costumi, i tessuti e i gioielli. Le immagini dei gruppi sono più sciolte, ma la maggior parte di esse sono ancora fatte in studio.
Alcune – rare – foto rappresentano la folla – la folla sulla strada, la folla nel mercato, la folla riunita per una festa, tutti con occhi volti verso di noi.
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