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giovedì 29 agosto 2013
Atlante della Crimea
lunedì 26 agosto 2013
Venite con noi alla Crimea!
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Fino alla partenza cerchiamo di presentare la penisola in dettaglio sulla nostra pagina di raccolta di Crimea in continua espansione.
Costi previsti: 460 euro, che comprende l’alloggio, l’autobus e la visita guidata. Termine ultimo di registrazione e pagamento: 29 agosto, giovedì. Il costo indicato non comprende il prezzo del biglietto d’aereo, che ora, se lo compriamo in tempo, è circa 200 euro (Budapest-Kiev-Simferopol e ritorno). È possibile registrarsi tramite il solito wang@studiolum.com, dove forniamo anche informazioni ulteriori e il programma completo.
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giovedì 22 agosto 2013
Béla Bartók: Danze popolare rumene
Il pezzo, lungo solo cinque o sei minuti, si compone di sei movimenti, sei danze separate. Il 1 Jocul cu bâtă (Danza con bastone) è stato raccolto da due zingari – un violinista e un suonatore di viola popolare – a Mezőszabad/Voiniceni, il 2 Brâul (Ruota) e il ballo in coppia 3 Pe loc (Battere i piedi) da un suonatore di zufolo a Egres/Igriș, il 4 Buciumeana (Ballo di Bucium) con un tempo di tre quarti da un violinista zingaro a Bucsony/Bucium, il 5 Poarga românească (Polka rumena) da un violinista rumeno in Belényes/Beiuș, come anche il veloce ballo in coppia 6 Mărunțelul (Passaggi brevi).
Diverse centinaia di versioni di questo pezzo sono disponibili sul web. La complessità e diversità delle strutture ritmiche all’intoerno dello stretto ritmo di base, il rapido alternarsi dei diversi stili di danza, le melodie dell’Europa dell’Est e persino più orientali hanno ispirato molti adattamenti, e molte culture e popoli hanno sentito come proprio le danze rumene del compositore ungherese. Tramite queste versioni è diventato una sorta di melodia errante, similmente alla melodia ottomana già presentata, la quale è stata adottata da tutti i popoli dall’Anatolia attraverso i Balcani al Mediterraneo. Di seguito presentiamo alcune di queste versioni. *
La versione originale per pianoforte, interpretato da Bálint Vázsonyi (1936-2003) con altrettanta energia, come le danze originali dovevano suonare.
La trascrizione per violino e pianoforte nella similmente potente presentazione di Oliver Colbentson (1927-2013) e Erich Appel.
La banda zingara Rajkó, Budapest, 2004
Il Klezmer All Star Clarinet Gang, 2006. Trascrizione del mandolinista, Avi Avital
L’Atem Saxophone Quartet, Civitanova, Marche, 20 agosto 2011
Il Macedonia Clarinet Quartet
L’argentino Brian Caballero su bandoneone
Liu Fang (pipa = liuto cinese classico) e Michael O’Toole (chitarra). Waterford Cathedral, 29 settembre 2008
Ma Xiaohui (erhu = violino cinese classico a due corde) e Tim Ovens (pianoforte). Sanghai
La fanfara italiana Ottomanìa, una versione piene di soluzione originali, Roma, Palazzo Barberini, 19 giugno 2011. (YouTube non permette di inserire il video, che si può vedere nel loro sito.)
Due presentazioni di bambini prodigio dall’Estremo Oriente, da Korea (Shin Sihan, violino, Jan Hoitjink, pianoforte) e una bambina giapponese di otto anni, che tutt’e due interpretano con una sensibilità geniale questo pezzo di una cultura lontana.
E infine una versione orchestrale all’Accademia di Musica di Budapest, nella presentazione dell’Orchestra Danubia condotta da Domonkos Héja, dove prima di ogni movimento il Gruppo Muzsikás suona la versione originale con le proprie decorazioni. Il video di sopra è l’introduzione del Muzsikás con i primi due movimenti, mentre quell di sotto è la versione orchestrale con il resto.
Il Klezmer All Star Clarinet Gang, 2006. Trascrizione del mandolinista, Avi Avital
L’Atem Saxophone Quartet, Civitanova, Marche, 20 agosto 2011
Il Macedonia Clarinet Quartet
L’argentino Brian Caballero su bandoneone
Liu Fang (pipa = liuto cinese classico) e Michael O’Toole (chitarra). Waterford Cathedral, 29 settembre 2008
Ma Xiaohui (erhu = violino cinese classico a due corde) e Tim Ovens (pianoforte). Sanghai
La fanfara italiana Ottomanìa, una versione piene di soluzione originali, Roma, Palazzo Barberini, 19 giugno 2011. (YouTube non permette di inserire il video, che si può vedere nel loro sito.)
Due presentazioni di bambini prodigio dall’Estremo Oriente, da Korea (Shin Sihan, violino, Jan Hoitjink, pianoforte) e una bambina giapponese di otto anni, che tutt’e due interpretano con una sensibilità geniale questo pezzo di una cultura lontana.
E infine una versione orchestrale all’Accademia di Musica di Budapest, nella presentazione dell’Orchestra Danubia condotta da Domonkos Héja, dove prima di ogni movimento il Gruppo Muzsikás suona la versione originale con le proprie decorazioni. Il video di sopra è l’introduzione del Muzsikás con i primi due movimenti, mentre quell di sotto è la versione orchestrale con il resto.
Le danze nelle originali registrazioni di campo di Bartók, dagli archivi dell’Istituto di Musicolgia dell’Accademia Ungherese delle Scienze. Grazie all’uploader originale, e a Kip W, che ha richiamato la nostra attenzione su di esse.
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mercoledì 21 agosto 2013
BBC News
Notizia in primo piano nell’odierno BBC Culture Best of the Web: Poemas del río Wang.



• BBC: The Ancient Origins of the Starbucks logo
• Poemas del río Wang: Il post originale
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• Poemas del río Wang: Il post originale
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martedì 20 agosto 2013
L’orologio degli ebrei
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Questa città ha preso dalla colomba il suo collareTra i visitatori del Duomo di Firenze probabilmente non molti conoscono l’origine esotica di queste colonne, arrivate tanto lontane dalla loro patria.
e il pavone la ha vestita con le sue plume.
L’acqua delle sue fontane è come il vino
e i suoi cortili sono simili ai calici.
Allo stesso modo colui che si ferma di fronte al municipio di Palma, e guarda su all’orologio che domina la facciata ed esattissimamente suona le campane nel campanile in agguato dalla cima del palazzo, probabilmente non conosce la leggenda sulla su origine, una delle leggende più strane tra quelle diffuse sugli ebrei che si stabilirono a Maiorca:
Post destructionem Hierusalem, tempore Helii Adriani […] Quo tempore omnes maiores rabini iudeorum docti in Legi mosayca appicuerunt cum suo navigio Maioricis cum horologio quod tenebant Hierosolimis, quod est hodie in turri Maioricarum que dicitur Horarum, quam post conquistam Maioricarum per regem Jacobum effectam christiani edificaverunt iungendo et campanam quam antea iudei non habuerunt. (G. Llompart e J. Riera i Sans, a cura di: „La Historia de Sancta Fide Catholica de Benet Espanyol (1548): la primera història dels jueus de la Ciutat de Mallorca”, Fontes Rerum Balearium, III (1979-1980), pp. 141-194)Cioè, comem Benet Espanyol scrive nella sua Historia de Sancta Fide Catholica (1548), erano appunto i rabbini più eruditi in fuga dopo la distruzione di Gerusalemme nel tempo dell’imperatore Adriano, che hanno portato l’orologio da un capo del Mediterraneo all’altro, dal Tempio di Gerusalemme alla loro nuova patria, Palma. Per essere precisi, l’autore si riferisce all’orologio che a suo tempo indicava le ore in cima alla Torre dell’Orologio accanto alla Cappella Victoria della chiesa e monasterio domenicana. Il monastero fu costruito ai margini del quartiere ebraico, nel luogo dei terreni e case espropriati nel 1231 da Giacomo I dagli ebrei locali, e fu distrutto nel 1837, irrazionalmente e in fretta, solo pochi giorni prima dell’arrivo del decreto di Madrid che ha vietato la sua demolizione. La Torre dell’Orologio stava ancora per alcuni anni, ma a causa della sua condizione sempre peggiore nel 1849 si è ritenuto opportuno demolirla, e spostare la vecchia campana insieme con l’orologio sulla facciata del municipio. L’orologio porta la data del 1849, ma l’attuale meccanismo è infatti dal 1862: allora il vecchio orologio è stato sostituito con uno nuovo, portato da Parigi, che da allora indica il tempo con grande precisità.
Non sappiamo niente di più dell’orologio leggendario e dei rabbini eruditi. È certo solo che dal 1385 o 1386 si segnalava con una campana le ore del giorno e della notte (e più tardi anche le quarte e mezze) qui, nel luogo più alto della città. E come la campana è stata fusa da un argentiere del nome Pere Figuera, e dal 1512 l’orologio è stato curato da un altro Figuera, Bartomeu, che ha trasmesso il suo ufficio anche a suo figlio, perciò il campanile è tuttora chiamato «En Figuera» – «il Figuera» – nella città. Nel 1680 la campana si è fessa e doveva essere rifusa: questa è quella che sentiamo ora. L’orologio è adesso gestito dal maestro Pere Caminals, nipote della sorella di mia nonna, e figlio, nipote e pronipote di orologiai illustri di Palma.
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lunedì 19 agosto 2013
Beginning of a beautiful friendship
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domenica 18 agosto 2013
Mutazioni
Ma quando appaiono, sono loro i «primi barbari» nella storia dell’Europa, il primo popolo nomado asiatico descritto in dettaglio da fonti occidentali, in particolare da Erodoto. I customi attribuiti agli sciti, riportati anche da Erodoto nel quarto libro della sua Storia (come per esempio la preparazione di coppe dai crani dei nemici) diventano più tardi topici della letteratura antica e medievale, e li ritroviamo anche nelle desscrizioni di altri popoli nomadi provenienti dall’Est.
Dall’attuale grande mostra sulla Crimea nel LVR-Landesmuseum di Bonn
Erodoto narra vari miti d’origine scita, fra cui uno gli è stato detto «dai greci che vivono lungo il Ponto». Questa storia dice che Eracle, mentre guidava il bestiame di Gerione nel territorio della futura Scizia, ha perso i suoi cavalli in una tempesta di neve. In cerca di essi è arrivato a una terra chiamata Ilaia, dove in una grotta ha incontrato la Mixoparthenos, la regina della regione. L’essere, il cui corpo superiore era di femmina, ma il corpo basso di serpente, gli ha fatto sapere che i cavalli li aveva lei, ma in cambio del loro ritorno l’eroe ha dovuto dormire con lei. Ercole infine genera tre figli – Agatirso, Gelone e Scite – alla Mixoparthenos, e le dice, che colui che sarà capace di piegare l’arco del padre e mettersi la sua cintura, meriterà di essere il re della regione. Questo sarà il figlio più giovane, Scite, antenato dei re della Scizia, mentre i sciti, «per commemorare la coppa appesa alla cintura di Eracle, tutt’oggi indossano coppe sulle loro cinture».
La creatura sireniforme di questa storia mista, che include sia elementi greci che orientali, come Neal Ascherson sottolinea, presto diventa il simbolo del Regno del Bosforo dalla cultura mista, greco-scito-tracia, che abbracciava le colonie greche lungo la costa settentrionale del Mar Nero, e della sua capitale Pantikapaion (oggi Kerch), fino alla sua distruzione nel 4° secolo d.C. Ma Ascherson menziona anche una sopravvivenza ancora più interessante della Mixoparthenos:
«Ma la Mixoparthenos ha sopravvissuto anche in un altro modo del tutto pratico. È diventata una maniglia. Il suo corpo snello, curvando verso l’esterno ma poi di nuovo ricurvando alla testa e alle gambe di serpente, è divenuto l’ansa ornamentale indurita sul cerchio delle tazze di ceramica, rivettata o saldata ai vasi di bronzo o di vetro. È rimasta senza nome, ma utile per molto tempo dopo che la sua città era bruciata e i suoi figli hanno lasciato la storia.
Sconosciuta, la Madre dei Sciti vive ancora in mezzo di noi. L’altro giorno, in una delle vecchie stazioni ferroviare asburgiche a Budapest, ho sentito qualcosa di insolito mentre ho aperto la pesante porta doppia della biglietteria. Nella mia mano c’era, in ottone indossato lucide da milioni di viaggiatori, il corpo di una donna nuda, diviso sotto l’ombelico in due serpenti arrotolati.» (Neal Ascherson: The Black Sea)
Ma ho cercato in vano le sue tracce nelle stazioni ferroviarie di Budapest, non ho ritrovato la Mixoparthenos. La maniglia vista da Ascherson è stato probabilmente sostituita. Ma anche così non è scomparsa senza lasciare traccia. Anche se la sua figura si è fusa con il sirene comune (più precisamente, con quella a due code, la Melusina), la matriarca scita con due gambe di serpente ancora si può vedere oggi, e addirittura in un luogo molto insolito, nel logo dei caffè Starbucks.
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sabato 17 agosto 2013
Il museo della propaganda
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