sabato 12 aprile 2014

Cartolina con bambini sconosciuti


Album di famiglia:
Alba, 1867
Hong Kong, 1897
Marseille, 1900
Paris, 1904
Valenciennes, 1918
Buenos Aires, 1930
Questa foto non è dall’album, ma è una di quelle che ho trovato nella scatola. Una foto con un timbro su di essa, e una lettera sul retro.

È impossibile decifrare la data sul timbro, ma dal contenuto della lettera si può ammettere che essa fosse stata scritta poco dopo la nascita di mia prozia – diciamo, nel 1904.

Non so neanche dove sia stata scattata la foto, quindi è possibile, che la mia ricostruzione sia solo pura fantasia.

Diciamo che ho trovato un luogo, il quale, più di un secolo fa, avrà potuto essere questo posto.

Un luogo oggi abbandonato, infatti abbandonato già dopo la morte del vecchio fabbro trent’anni fa. La vedova ha allora chiusa la casa e l’officina, e se n’è andata via.


Potrà essere il fabbro uno dei bambini sulla foto? No, lui era troppo giovane per quello quando morì, non avrà potuto essere nato prima del 1910. Sarà piuttosto il figlio di uno degli uomini che sorridono a noi.

E le due piccole bambine, allora? Nate intorno il 1900?
Non so niente su di loro.


Ma nel villaggio ci sono storie di due bambine come queste, due sorelle orfane, educate di cura comune. Non si sono mai sposati, rimasero servanti fino alla loro morte. La più vecchia, solo di un anno, si chiamò Louise, la più giovane Blanche.
Io conoscevo solo Blanche, quando ero bambina. Louise era già morta da anni, ma mio padre si ricordava ancora, come lei lo ha inseguito, quando era bambino, e lo ha frustato con ortiche in un impeto di rabbia. La Blanche che io conoscevo era una donna grande, selvaggia, con un nodo di capelli bianchi, che spinegva una carriola piena di biancheria, e parlava a se stessa. Aveva un cane nero vecchio, stanco, e lei continuava a gridargli nei vicoli del villaggio: «Allez viens, Gamin!» – «Vieni su, Biricchino!»
Era infatti una spaventosa vecchia signora, ma anche lei deve essere stata una bambina molto tempo fa, come tutte le altre. Un giorno, venendo dal lavatoio, ha incontrato mia madre sulla strada, e anche se lei non parlava a nessuno, si tuffò nel suo cestino, tirò fuori un mazzo di cipolle, e lo diede a mia madre. «Prendi, è tua», disse. Spero che per quelle cipolle ha ottenuto un tranquillo piccolo angolo nel Paradiso.

Per quanto all’officina abbandonata, presumo che sia lo stesso vecchio luogo che quello sulla cartolina. L’artigiano era un modesto lavoratore di ferro, che ha preparato cancelli in ferro, grondaie, griglie, catene, tiranti per i muratori e falegnami del paese – alcuni di questi pezzi sono ancora in attesa di essere utilizzati, appoggiati contro il muro. E dietro le finestre polverose l’officina appare molto tranquilla, spettralmente tranquilla, con tutte le macchine in attesa di ricominciare il lavoro.

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