lunedì 7 dicembre 2015

Sardegna 1959. L'Africa in casa di Carlo Bavagnoli


Sarà che amo la Sardegna, sarà che per me la Sardegna è soprattutto il suo interno, sarà che sono nata nel 1959… il fatto è che quando ho visto il libro di Carlo Bavagnoli ho voluto averlo.


Di lui, di Carlo Bavagnoli, fotografo, ignoravo l’esistenza, cosa di cui sinceramente un po’ mi vergogno, ma della Sardegna da lui raccontata per immagini avevo la certezza: a partire dai romanzi di Grazia Deledda ma soprattutto dai nostri vagabondaggi in Baronia e Barbagia.

Perché oggi quel passato di povertà è ancora evidente. Le vecchie case diroccate di pietra e fango fanno parte del paesaggio urbano.


Ed esercitano un fascino, almeno per noi, irresistibile. Perché in quelle pietre è scritta la storia di “persone” che hanno vissuto alle soglie del boom economico in condizioni di arretratezza estrema e miseria, conservando però dignità, fierezza e anche una certa eleganza. Per capirlo basta avvicinare e parlare con un qualsiasi anziano, donna o uomo che sia, per percepirlo.


Carlo Bavagnoli arrivò in Sardegna nel ’59 insieme a Livio Zanetti, redattore dell’Espresso. Dalle testimonianze da loro raccolte trassero un reportage che venne pubblicato poi sulla rivista e che per conto di una commissione parlamentare doveva documentare la povertà del Meridione.


Per Carlo Bavagnoli non era il primo reportage in terra sarda. Era già stato ad Orani l’anno precedente per documentare l’attività di Costantino Nivola, pittore e scultore.

Figura femminile, Costantino Nivola

Costantino Nivola: ritorno ad Itaca, foto di Carlo Bavagnoli – Orani, vie del Centro Storico

Furono in tanti allora a Sardegna a lasciare l’Isola per il Continente, in cerca di condizioni migliori: un futuro comunque duro, fatto di lontananza, incertezza, emarginazione. Le stesse condizioni in cui si trovano a vivere oggi i tanti che abbandonano l’Africa. Se la montagna non viene a Maometto, si diceva, Maometto va alla montagna. Il miracolo, è evidente, deve ancora avvenire.

Sono nata nel 1959, la data del reportage.


Della prima elementare ricordo ancora il barattolo per le offerte ai bambini poveri dell’Africa e del Bangladesh. Faceva sentire i nostri adulti migliori, la loro povertà non era nostra diretta responsabilità. Il silenzio sul Meridione era omertà, l’ho capito anni dopo. Durante il mio girovagare avrei voluto chiedere perché i ruderi vengono mantenuti. Voglio pensare che sia anche un modo per ricordare, per sapere quello che sono stati, che è stata la Sardegna. Il libro che ho comprato voglio sia questo per me. Anche per fare ammenda. Perché nello stesso giorno in cui io nascevo al Nord del Continente, il 20 novembre del 1959 appunto, qualcuno dal Continente andava in Sardegna, vedendo solo quello che voleva vedere.


Carlo Bavagnoli nasce a Piacenza nel 1932. Completati gli studi classici, nel 1951 si iscrive alla facoltà di giurisprudenza di Milano. A Brera ha modo di confrontarsi con alcuni giovani fotografi, Alfa Castaldi, Mario Dondero e Ugo Mulas. Nel 1955, trasferitosi definitivamente a Milano, inizia a collaborare con Illustrazione Italiana, Tempo illustrato e Cinema Nuovo.

Assunto come fotografo da Epoca, nel ’56 viene trasferito nella redazione romana della rivista. Nella capitale inizia un lungo lavoro di documentazione del quartiere popolare di Trastevere, grazie al quale ottiene i primi contatti con la rivista americana Life, che gli pubblica alcune foto.

Nel marzo del 1958 è per la prima volta in Sardegna, ad Orani, dove per la stessa testata fotografa Costantino Nivola durante la decorazione della facciata della chiesa della Madonna d’Itria e la mostra di sculture allestita per le vie del paese.

L’anno successivo trascorre un mese a New York, dove ancora Life, gli richiede, a scopo formativo, la realizzazione di un reportage sulla vita della metropoli; due anni dopo gli offre un contratto come corrispondente dall’Italia. Negli anni successivi lavorerà come free lance per diversi giornali.

Tra il 1960 e il 1961 torna in Sardegna, a Loculi e Irgoli, inviato da L’Espresso per un servizio sulla povertà in Italia. Negli anni seguenti i viaggi tra l’Italia e gli Stati Uniti s’intensificano. Per Life documenta l’apertura del Concilio Vaticano II, la morte di Giovanni XXIII e l’elezione di Paolo VI. Nel frattempo continua la sua collaborazione con Epoca.

Il 1964 è un anno memorabile per la sua attività: è assunto nella redazione americana di Life, fatto unico per un fotografo italiano; dopo un anno trascorso a New York, viene trasferito alla sede di Parigi.

Dal 1972, anno in cui cessa la pubblicazione della rivista americana, intensifica i suoi rientri in Italia, pubblica numerosi libri fotografici, realizza vari documentari per la televisione e si occupa di musica classica.


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