venerdì 28 marzo 2014

Hrabal 100

Praga, Malá Strana, stamattina


«…Il testo è stato scritto su una macchina da scrivere tedesca di marca Perkeo, su questa macchina atomica, che ha completamente affascinato Egon Bondy, il poeta. Ho acquistato la macchina dal mio compagno di classe, Bureš, che aveva un negozio a Nymburk, sulla Grande Rampa. Me ne sono innamorato a prima vista, ma non ho avuto tremila corone in banconote vecchie, così continuavo a tornare a vagheggiarla, fino a quando ho potuto comprarla. Era una piccola macchina da intorno al 1905, il rullo poteva essere inclinato giù, e la macchina chiusa portata con due fasce, come i libri di scuola erano portati sotto la Monarchia. Sono rimasto colpito da questa macchina, scrivevo su di essa solo per piacere. Gli accenti mancavano, in modo che ogni pagina dattiloscritta ha causato sorriso e risata. Ho imparato a digitare su di essa così brillantemente, cheero in grado di scrivere anche di notte, come i pianisti ciechi suonano il loro strumento.»
Bohumil Hrabal: Il tradimento degli specchi


Il centesimo compleanno albeggia con pioggia sottile, ma durante la mattina il sole viene già fuori a caso. Torno a Libeñ, proprio come venti anni fa. All’angolo della casa che stavo cercando allora, al posto del mucchio di rottame, ora sorge una piccola colonna, e le pitture murali sulle pareti esterne della stazione di metropolitana Palmovka, costruita sul sito della casa, sono già stati descritti da molti autori.

«Pietra angolare del Centro Bohumil Hrabal». Nel sottofondo, la sinagoga chiusa di Libeň.


«ʻTu venire a Libeň per questo? Per il signor Hrabal?’ Egli inghiotte raucamente, la saliva è gel lattinoso nella sua bocca arsa. ʻIo conoscevo il signor Hrabal, lui amava la birra. Ha pagato molte a me, anche.’ Ora è già sicuro che vuole soldi. ʻTu capire ceco?’ No, annuisco a malincuore, preferirei sbarazzarsi di lui, sto frugando in tasca, ma non ho nessun spiccioli, solo banconote, e anche noi siamo gente povera. ʻDunque tu non sapere che cosa è scritto qua?’ mostra sul murale. No, veramente no. Tady stojím, čelo mám korunované deseti vráskami, tady stojím jako starý bernardýn a dívám se do veliké dálky, až do svého dĕtství… Lui inizia a tradurre con entusiasmo. ʻIo sto qui… dieci rughe di corona sulla mia fronte’, suda sopra lo sforzo. ʻIo sto qui, appaio come… San Bernardo… cane da salvataggio… sì, sì, come un vecchio cane di San Bernardo… Guardo lontano, molto lontano, a quando ero bambino…’ Sono lieto di riconoscere il testo. Metto la mano nella mia borsa per una tiepida birra Soproni, forse con essa mi sbarazzo di lui, quando scorgo le lacrime sul suo volto. Guardiamoci uno all’altra con Anna. Ci vergogniamo. ʻGrazie, ungheresi, che siete venuti. Per vedere il signor Hrabal, mio amico.’ Mi sento in dovere di stringergli la mano sporca tesa.»
Mátyás Falvai: „hrabal_wall.jpg” Új Könyvpiac, settembre 2012

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Oggi, al giorno del compleanno, non ci sono eventi a Libeň, solo le scuole stanno celebrando il Giorno di Hrabal. Lunedì sera ci sarà una serata commemorativa nel teatro alternativo di Libeň, e si aprirà una mostra dal titolo «Strettamente osservato Hrabal», scriverò su tutt’e due. Come una commemorazione privata, mi siedo nel «Sanatorio di Birra U Horkých», l’ultima casa superstite del quartiere ebraico di Libeň, la «capolinea» del celebre Grand Slalom di Hrabal. Chiedo alla cameriera esperta, qual’era la tavola di solito di Hrabal, per pubblicare da lì questo post.


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